POGGIO ALLA META

ANNO 2000: NASCITA DELL’AZIENDA “POGGIO ALLA META”

     Da sempre tradizionalmente legata alle pratiche agricole e alla gestione delle sue proprietà, la famiglia Nicòtina decide alla fine degli anni ’90 di investire in un territorio nuovo, di recentissimo inserimento nel panorama delle DOC nazionali. Pertanto, in seguito a rigorosi studi di zonazione viticola condotti nei comuni in cui ricade la DOC Atina dal Prof. Mariano Nicòtina, docente del Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II di Napoli, agronomo ed enologo con esperienza pluriennale nella ricerca di settore e nella consulenza alle aziende vitivinicole italiane, sono stati scelti quei terreni collinari situati nel territorio comunale di Alvito, a 450 m s.l.m., dove da secoli pascolavano le pecore su suoli calcareo-argillosi, ideali per l’impianto di vigneti con uve a bacca rossa. Il territorio sembrò subito adatto alla produzione di uva di qualità per il nuovo progetto vitivinicolo “Poggio alla Meta”, che deve il suo nome al colle acquistato dai Nicòtina dalla famiglia Ferrante che deteneva quei fondi da secoli senza destinarli ad attività produttive, per impiantare lì i primi vigneti che sorgono sul “poggio” situato proprio davanti ai monti della Meta, la cui vetta più alta, per l’appunto il Monte Meta, si trova proprio di fronte alle vigne di Cabernet e Merlot a cui il Prof. M. Nicòtina ha dato vita in quel preciso punto del Centro Italia.
Negli anni seguenti sorsero poi molte altre realtà vitivinicole, molte delle quali proprio su impulso e trainate dall’investimento della famiglia Nicòtina in quella zona, anche ad opera di ex studenti del Professore che decisero di seguirne le orme una volta terminati gli studi universitari. La fondazione di “Poggio alla Meta” viene convenzionalmente fatta risalire ad inizio anno 2000, anche se l’impianto primigenio e la prima struttura aziendale risalgono al 1999.
Lo stemma di famiglia che si trova sulle bottiglie e che fa parte integrante del logo aziendale è stato utilizzato per dare vita al primo progetto enologico di Poggio alla Meta: “ilgiovane e ilvecchio”, una diversa declinazione del Cabernet di Atina DOC che rispecchia la simbologia araldica del “leone” e “olivo” raffigurati nella stemma della famiglia Nicòtina che simboleggia appunto il valore dell’equilibrio che si ottiene dal contemperamento della forza (il leone, che significa gioventù) e della saggezza (l’albero di olivo, che significa vetustà).

	
IMPIANTO E CARATTERISTICHE DEI VIGNETI

     L’impianto dei vigneti ricadenti nel comune di Alvito (FR) viene effettuato nel 2000 con le cultivar previste dal disciplinare della DOC: Cabernet Sauvignon, Cabernet Franc, Merlot e Syrah, nella zona pre-parco del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise su suolo argilloso-calcareo impalcate a spalliera con la potatura a “cordone speronato” ed un massimo di 4/5 gemme per ogni sperone. Negli anni seguenti la superficie vitata aziendale di uve a bacca rossa è stata ulteriormente ampliata con altri impianti di vigneti, soprattutto a Merlot, in una zona scelta per posizione ed esposizione da cui poter ricavare un vino Merlot in purezza (LOT) su cui l’azienda ha puntato molto per le caratteristiche di estrema qualità che il vitigno Merlot ha in quella valle. La densità d’impianto è di ca. 5500 ceppi/Ha, con cloni selezionati a Bordeaux direttamente dal Prof. Nicòtina.
Pochi anni dopo aver impiantato i vigneti delle varietà a bacca rossa si è deciso anche di puntare sulle antiche varietà autoctone a bacca bianca, scegliendo allo scopo la zona di Pescosolido e Campoli Appennino (FR), dove sono stati impiantati vigneti di uve autoctone a bacca bianca, questa volta in piena zona di Parco Nazionale su suoli però marnoso-calcarei, molto più adatti alla coltivazione di uve bianche, ad un’altitudine superiore rispetto ai vigneti della Val di Comino, ovvero a 650/700 mt s.l.m.
Inizialmente si è impiantata la cultivar Passerina nella sua versione peculiare di clone cd. “Campolese”, una passerina molto diversa da quella di Offida o di quella prodotta nella zona del Piglio; quindi, successivamente, si è impiantato un campo sperimentale in cui si provarono le coltivazioni di antichi vitigni autoctoni ormai dimenticati, tra cui ricordiamo il Maturano bianco, il Pampanaro, il Capolongo, tutte varietà che oggi danno vita a vini prodotti da “Poggio alla Meta” da omonimi vitigni. Questi vigneti sono tutti impalcati a spalliera con densità di impianto di circa 4400 ceppi/Ha su terreni marnoso-calcarei o a scheletro prevalente e metodo di potatura esclusivamente a “Guyot”.

RICERCA E SVILUPPO

     Con l’impianto dei vigneti a bacca bianca di Passerina, Maturano, Pampanaro e Capolongo sulle montagne della Media Valle del Liri ha inizio la lunga fase di sperimentazione e ricerca aziendale che darà il via a una produzione di varietà autoctone a bacca bianca di qualità sorprendente e di assoluta novità.
Il Prof. Mariano Nicòtina, con la collaborazione del figlio Andrea, anch’egli enologo e del suo ex allievo, l’agronomo Ernesto Anselmo Cioffi, effettua fin dall’anno 2005 numerosi studi sul territorio per individuare in zona antichi vitigni storici dimenticati e/o trascurati, contribuendo in tal modo a far crescere qualitativamente tutto il comparto vitivinicolo locale, dando allo stesso tempo maggiore caratterizzazione e peculiarità alla produzione locale, che fino ad allora puntava solo su varietà dalle produzioni quantitativamente rilevanti a discapito della qualità.
Il Progetto di riscoperta e rivalutazione di questi antichi vitigni autoctoni, diffuso fin dal 2010 anche in forma commerciale, prende il nome di “Primovero” e vede per la prima volta in assoluto la vinificazione in purezza di ben otto diversi vitigni storici della zona, provenienti dal campo sperimentale aziendale.
Le medesime ricerche effettuate in vigna da anni sono riportate alla fase di vinificazione in cantina, con particolare attenzione allo sviluppo e all’impiego dei lieviti indigeni per la migliore vinificazione possibile dei suddetti antichi vitigni locali nel rispetto della loro tipicità e del territorio d’origine.
Poggio alla Meta ha ricevuto per questo numerosi premi e riconoscimenti dalle principali associazioni di categoria italiane e internazionali fin dai primi anni di attività ed è stata la prima azienda vitivinicola italiana ad azzerare completamente le emissioni di anidride carbonica in atmosfera durante l’intero ciclo di produzione aziendale, dalla vigna alla cantina (2010) venendo certificata ZERO EMISSION (Londra - 31/01/2012) in collaborazione con la multinazionale americana CISCO e l’azienda italiana Reply.


BIOLOGICO E BIODINAMICO

    Poggio alla Meta ha intrapreso già da anni la produzione di vini a ridotto impatto ambientale e salutari per il consumatore, ottenendo le certificazioni di agricoltura biologica (ICEA) e successivamente anche biodinamica (DEMETER) per la produzione di alcuni suoi vini in una versione cd. “naturale”. A partire dai vini bianchi da vitigni autoctoni Maturano, Passerina, Capolongo e Pampanaro, l’intera produzione aziendale oggi segue questa politica produttiva, per cui i vini vengono prodotti in regime di biologico certificato da ICEA.
I vigneti sono attualmente tutti in conduzione biologica e biodinamica.
Dall’anno 2014 sono state effettuate prove di campo e di cantina di diversi vitigni internazionali e autoctoni secondo i dettami dell’agricoltura biodinamica. I vini ottenuti secondo questi rigorosi princìpi sono: Passerina (che risulta un vino “orange wine” con peculiarità uniche perché ottenuto da lunga fermentazione in presenza delle bucce di un’uva a bacca bianca), Lecinaro, Cabernet, Merlot, Syrah nonché quelli attualmente allo studio quali Maturano Nero e Uva Giulia..

ALTRI PRODOTTI

   L’Azienda è da sempre alla ricerca della qualità estrema coniugata ad un forte collegamento con la territorialità. Utilizzando come base le vinacce di uve da vitigni autoctoni e internazionali, Poggio alla Meta produce anche grappe da monovitigno bianche e affinate in barrique (Passerina, Cabernet, Merlot e Maturano), nonché uno specifico e tipico prodotto da fine pasto, la Ratafia, la cui base è costituita da Cabernet Sauvignon impreziosito dall’infusione di visciole selvatiche ed erbe, commercializzata con il nome di “Intesa”.

OGGI E…DOMANI

Attualmente l’azienda viene ancora condotta e gestita ad opera del Prof. Mariano Nicòtina, che però da qualche anno è ormai saldamente affiancato nell’impresa dal resto della famiglia, in primis dai figli Simone, Andrea e Pierludovico, ognuno con incarichi e ambiti di impiego differenti che spaziano dalla produzione alla commercializzazione all’area amministrativa, gestionale e legale.
La gamma dei vini prodotti si è estesa dagli iniziali 3 vini (Il giovane, Il Vecchio e Pilùc) alle attuali 10 referenze, suddivise tra rossi, bianchi e orange wine.
Ci sono allo studio un vino spumante da bianchi autoctoni in regime biodinamico e un vino passito, attualmente ancora in meso-vinificazione per provarne duttilità e standard qualitativo.
L’azienda sta avendo un ulteriore sviluppo sia in termini di produttività che di investimenti in espansione, con particolare riguardo al posizionamento sui mercati non convenzionali.
I vini sono attualmente commercializzati in diverse linee, sia destinate alla GDO che soprattutto al classico canale Ho.Re.Ca. (Hotel, Restaurant and Catering) con un 50% della produzione totale destinata ai mercati esteri non solo europei ma anche asiatico e americano.
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